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Controlli più severi alle frontiere, le imprese: «Mazzata per l’export»

Stretta del governo al confine sloveno, gli autotrasportatori chiedono corridoi speciali

Controlli più severi alle frontiere, le imprese: «Mazzata per l’export»

Опубликовано : 2 года назад от Martina Zambon в Business

Tornano i controlli alla frontiera con la Slovenia per l’allarme terrorismo. La premier Giorgia Meloni ha annunciato, infatti, la sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa «per l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente, l’aumento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e soprattutto per questioni di sicurezza nazionale». Una scelta che il mondo e dell’impresa e dell’autotrasporto veneto comprende, certo, ma che rischia di essere il colpo di grazia per un export che continua a crescere ma viene soffocato alla frontiera.

Di pochi giorni fa i 110 chilometri di coda al Brennero a causa dei blocchi «ambientali» imposti da Vienna. «Alla faccia dell’ambientalismo! - commenta Paolo Uggè, presidente della Fai, la Federazione degli autotrasportatori italiani - Un camion fermo in coda, seppur di ultima generazione, inquina più di un mezzo di 50 anni fa. E fosse solo il Brennero. Col Monte Bianco bloccato a ovest, la scelta della Svizzera che con un referendum ha imposto il limite annuo di 650 mila mezzi pesanti, i filtri alle nostre esportazioni sono molteplici. Certo, il Brennero da cui transita quasi il 30% dell’export italiano è quello che soffre forse di più. A tutto questo si aggiunge la nuova limitazione verso la Slovenia. Il problema terrorismo è gravissimo e quindi anche l’Italia ha introdotto un limite ai confini. Lo capiamo ma si deve trovare una soluzione per il transito delle merci».

La Fai ha già suggerito al governo la strada da seguire per contemperare le esigenze di sicurezza nazionale e quelle economiche. «Vanno ripristinati - spiega Uggè - i corridoi verdi già sperimentati durante la pandemia, corridoi preferenziali per il trasporto merci non soggetti a controlli. È questo ciò che chiederemo ai ministri competenti per le merci che escono dall’Italia dirette verso i mercati europei». Il fronte per evitare un nuovo imbuto per l’export si sta giocoforza allargando anche se Uggè denuncia che in passato «il silenzio di Confindustria, ad esempio sul Brennero, è stato assordante. Cerchiamo di limitare i danni con misure compatibili. Altrimenti ci facciamo del male da soli, e non poco». Confindustria, almeno in Veneto, è ben consapevole del rischio paralisi per le esportazioni. «Partiamo da un dato di fatto - dice Leopoldo Destro, alla guida di Confindustria Veneto Est - l’export continua a trainare l’andamento del mercato. I primi sei mesi del 2023 ma con un trend positivo fino a settembre segnano un +3% rispetto al 2022. Quindi la sospensione di Schengen può diventare un vulnus seppur per motivi fondati. Quindi guardiamo all’oggi sperando che i problemi possano essere limitati e di rapida soluzione ma tenderei a pensare al domani. Sul tema delle infrastrutture serve una visione chiara. È evidente che sbocchi ulteriori verso Nord devono essere presi in considerazione. La linea ferroviaria del Brennero è importantissima, siamo ancora troppo dipendenti dal trasporto su gomma. Insisterei, però, anche su un’altra opera a noi molto cara che ci metterebbe in connessione in maniera più veloce con Austria e Germania, i due mercati di riferimento per l’export: il prolungamento dell’A27 fino a Monaco. È questa l’opera di cui c’è bisogno altrimenti domani saremo a parlare degli stessi problemi».

Un obiettivo sulla media distanza condiviso anche da chi lavora sul campo come Damaso Zanardo, titolare di una delle maggiori società di logistica del Nordest, che sul nuovo blocco verso la Slovenia dà l’allarme: «I nostro camion sono abilitati a circolare col cronotachigrafo. Vale a dire che quando un camion si sposta anche solo di 3 cm o sta col motore acceso accumula “ore guida” che incidono. Quindi i prezzi del trasporto merci rischiano di salire. Finisce che avremo le vecchie frontiere dell’Europa dell’est col risultato di agevolare i vettori austriaci. La soluzione è il traforo del Cavallino perché il Veneto abbia uno sbocco a Nord. Collegare il porto di Venezia a Monaco in tre ore con la Venezia-Monaco, farebbe tutta la differenza del mondo perché ormai ci sono troppe strozzature».

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